giovedì 19 luglio 2012

Pausa pranzo: a Brusaporto l'Oste del Fiore è senza frutto...

Lo so, l'associazione Brusaporto-gastronomia non può non far pensare  al tristellato Da Vittorio, però sono giorni che quando parcheggio per bere il caffè, a mo' di sirena davanti ai miei occhi campeggia l'incisione osteria nel muro di fronte.

Naturalmente, dalla lavagnetta appoggiata all'ingresso, con la fatidica scritta pranzi di lavoro capisco che non sto entrando in un tempio dell'arte culinaria, però la curiosità è inarrestabile, così oggi l'ho soddisfatta.

Il Fiore dell'Oste, sottotitolato Osteria del Buonsapore, è in quel fazzoletto di due ettari del comune di Brusaporto in cui sono concentrati i bar, le banche, la posta, il comune, la scuola, la chiesa e quindi anche l'osteria, solo che la concezione urbanistica è antica mentre le costruzioni sono tutte nuove.

Tutto questo ha la sua comodità, per esempio puoi passare a piedi tra un pagamento alla posta e un caffè, una puntata al lavoro e un piatto veloce per pranzo.

La metafora del fiore mi piace, in genere questi bellissimi e profumati vegetali preludono a frutti gustosi e succulenti, per questo spero che il Fiore dell'Oste non sia da meno.


Quando vedi un fiore ne ammiri la bellezza: ora, è pur sempre un'osteria, quindi non parliamo di bellezza in senso assoluto.

La tenda per mangiare all'esterno è capace di obliare la provinciale su cui affacciamo, dando l'illusione di un giardino, e questo è molto carino.

Sedie e tavoli di ferro, porta oliere originali, lanterne a rendere tutto ancor più carino.

Anche all'interno, con la lavagna su cui sono graffiti i nomi dei piatti e con la prevalenza del bianco legno e i biscotti di loro produzione sul bancone del bar, il tema del carino continua.

Carino, grazioso, persino ricercato in certi particolari, questo posto ha una mano che lo segue e si nota.



All'arrivo del pane, l'impressione è confermata: il cestino comunica cura, con impasti di farine bianche e integrali, impreziosite dal sesamo o dalla lavorazione a spirali e grissini - che però il caldo ammoscia - e soprattutto il fritto: due gnocchi fritti, perfetti con i salumi - in fondo ci sono solo trenta gradi - e addirittura una zeppolella fatta però - geniale! - con l'integrale, che le dà più struttura.

Mi fa molto piacere l'attenzione meticolosa a un elemento che per sua definizione accompagna, come il pane.

Ma è il momento del primo piatto.



Le orecchiette integrali con le zucchine e i pomodorini sono... carine, graziose, forse anche belle, come i fiori, appunto.

E come i fiori, stavolta mi parlano anche dal naso, perché note acidule arrivano dal piatto, perciò assaggio.

L'orecchietta, che di solito è callosa, essendo integrale si fa veramente sentire sotto i denti, ma fin qui ci sta bene.

Il problema è che questo grazioso fiore di primo piatto... non ha sapore.

Ho mangiato i pomodorini uno per uno, con le dita, con attenzione, con scrupolo - vuoi vedere che mi sbaglio io? - e ho cercato le zucchine, cubetti forse troppo piccoli rispetto alle misure della pasta e dei pomodori, e poi mi sono messo sulle tracce di odori, olio, avrei addirittura accettato di buon grado che i singoli elementi non legassero, a patto che ognuno di essi sapesse di qualcosa e persino il sale grida la sua scarsità.

Non mi scandalizzo per questo, in fondo per quello che pago il piatto poteva essere più sciatto nella preparazione, ma perché la cura dimostrata in certi dettagli estetici, nei petali del fiore insomma, non sembra dello stesso tipo nella ricerca di quei pochi ingredienti per fare quei pochi piatti da osteria, ma buoni, cioè con sapore.

Non voglio generalizzare sulla base di una sola portata, così passiamo al secondo, perché ho ordinato un carpaccio di manzo fumé con trevisana.



E qui il fiore sembra appassire: quell'aggettivo fumé altri non era che l'indicazione di un prodotto industriale, forse già affettato, in pratica un'alternativa alla bresaola.

La portata non è condita, così ho l'occasione di ammirare lo splendido porta olio-aceto-e-quant-altro, solo che la trevisana è  messa sia sopra le fette sia sotto.

Poiché ogni fetta ha un diametro di almeno dieci centimetri, far insaporire anche l'insalata sottostante è un'impresa, devi stare a rivoltare ogni fetta per scoprire le foglie, e sarebbe stato molto meglio un piatto piano in cui le fette potessero stare distese.

Del sapore qui non parlo, la trevisana è amara ma il resto del gusto è frutto del mio condimento aggiunto.

Da temerario, uso gli ultimi cinque minuti per il caffè e il dessert.



Guarda com'è carino il vassoietto per il caffè e la disposizione del tiramisù nell'angolo, con i biscotti dell'osteria e il cucchiaio a marcare le diagonali.

L'occhio ha avuto ben oltre la sua parte, e ora che siamo a una crema d'uovo e zucchero un po' di gusto si affaccia, ci mancherebbe, è difficile fare un dolce così che non sappia di nulla, bisognerebbe essere bravi a sbagliarlo.

A pranzo, il menù da due portate costa 12 €, solo 50 centesimi in più di quanto pagheresti a Cornaredo da Davide Oldani mangiando - che so? - il riso carbonara o la fricassea di patate, curry e mela.

Con l'aggiunta del dolce saliamo a 17 €, sarà l'influenza del vicino tristellato a portare i prezzi su, forse.

A quanto ho capito, il bar di fronte all'osteria ha delle proposte per il pranzo, chissà se almeno quelle sapranno di qualcosa.

Il Fiore dell'Oste
Via Donizetti 2
24060 Brusaporto (BG)
Tel. 035 682014
Chiuso Dom sera/Lun sera

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