domenica 30 marzo 2014

Alla Trattoria del Tone, sui binari del gusto


Curno all'arrivo stordisce per la proliferazione di edifici e capannoni dediti all'ingrosso e all'intrattenimento, e il nucleo originario del paese, che ruota attorno al passaggio ferroviario, resta quasi nascosto in un fazzoletto tanto tranquillo quanto caotico è tutto il contorno di super-iper-mega stores e quant'altro.

Per fortuna, proprio nel bel mezzo di questa oasi a cavallo dei binari, c'è la Trattoria del Tone, che resiste e insiste nel promuovere un modello di ristorazione tutto imperniato sulla qualità e la professionalità.

Il Tone è il nonno di Fiorenzo Innocenti, e a lui resta dedicato il locale, profondamente rinnovato negli anni novanta, non solo nello stile ma nella stessa concezione di cucina, staccandosi dalla trattoria d'origine fino a toccare quella che si può tranquillamente chiamare alta cucina.

Dal Tone non si tratta di darsi un tono - gioco facile di parole - ma la cura, la precisione e la competenza che emana dai piatti rendono felicissima la scoperta di questo ristorante, che aderisce quest'anno all'iniziativa TrentacinquEuro - della quale ho parlato qui - , aprendosi quindi a un pubblico più ampio.

giovedì 20 marzo 2014

La pizza in casa? Morbida, alveolata, digeribilissima


Per un napoletano - cioè per un italiano che ha mangiato in media un numero ragionevolmente più alto di buone pizze rispetto ai suoi connazionali - la pizza in casa è quasi una tragedia.

La pizza casalinga tende sempre a essere troppo croccante, se non biscottata o addirittura secca, e se stai indietro con la cottura per evitare questo inconveniente finisci per lasciarla cruda.

Niente a che vedere con quelle belle pizze dotate di giusta elasticità, con il bordo gonfio, che sa di pane, e l'impasto che si scioglie in bocca.

La pizza in casa fa cric croc.

Ed è solo colpa nostra.

Ho sentito dire che accade lo stesso anche ai genovesi con la focaccia, anzi, che a nessun genovese vero verrebbe mai in mente di farsela a casa, data la superiorità di quella del fornaio.

Lì vicino, a Recco, stessa storia con la famosa focaccia al formaggio.

Ora ci sentiamo meno soli in questa triste impossibilità di rifare a casa dette leccornie, ma il problema resta.

Tornando allo specifico della pizza, la differenza fondamentale tra la pizzeria e la casa sta nel forno, e non tanto per la legna - sebbene abbia la sua importanza - quanto per la temperatura, che supera quella del miglior forno di casa di almeno 200 gradi centigradi.

Con questo gap, puoi fare tutte le diavolerie che vuoi, ma non riuscirai mai a ottenere quel risultato.

Nessun altro piatto pone questo problema ai buongustai, a casa puoi replicare qualsiasi cosa  - fatta eccezione per la cucina eseguita con strumenti tecnologici spaziali tipo sonicatori o ultrasuoni - e con un po' d'ingegno puoi persino riprodurre la cottura sottovuoto, ma la pizza della pizzeria te la puoi scordare.

Ed è un vero problema, soprattutto per i partenopei.

sabato 15 marzo 2014

Gourmet in trasferta: a Napoli, l'eccellenza di 50 Kalò


Nomen omen, dicevano i latini sovrapponendo nomi e destini, e proprio dal nome parte la nuova sfida tutta napoletana di 50 Kalò, la pizzeria con la quale Ciro Salvo si stabilisce finalmente in città.

E passando dal latino al greco, ecco spiegato l'insolito nome del locale: 50 è il numero del pane nella smorfia, kalò è voce ellenica che vuol dire bello, ma di un bello strettamente correlato all'essere buono.

Non a caso, καλὸς è indissolubilmente legato ad ἀγαθός nel senso di valoroso nelle armi.

La bellezza esteriore, insomma, sia quella del corpo dell'eroe che di un panetto per la pizza, non può non corrispondere a una bontà intrinseca, e l'essere valoroso nel difendere il proprio popolo e le proprie tradizioni si adatta alla perfezione a un pizzaiolo che difende con la sua perizia la tradizione della pizza napoletana, con le armi di farine povere di proteine, impasti ricchi d'acqua, lunghe ore di maturazione senza ausilio di refrigeratori, fino a forgiare qualcosa che - come lui stesso ha affermato qui - non è un semplice supporto per ingredienti, pregiati o ordinari, ma è - in senso ontologico - esiste innanzitutto nella sua essenza di pizza, di impasto.

Erano mesi che mi ripromettevo con il mio amico Roberto Staffelli di gustare la pizza di Ciro Salvo a Torre Annunziata, giusto per fare ambo con l'ultima grande pizza mangiata insieme.

Invece, a un mese dal nostro appuntamento, il pizzaiolo giustamente più premiato degli ultimi tempi che fa?

Arriva a Napoli, in piena Mergellina, per far sorgere al posto di uno storico ristorante partenopeo quella che pare destinata a essere LA pizzeria della città: 50 Kalò.

Se in questo primo mese di attività - ha aperto a metà febbraio - recensioni e voci di vario genere hanno gridato entusiaste un successo su tutti i fronti - dal locale al pizzaiolo, dal concept alla materia principale, cioè le pizze, l'impasto con la sua celeberrima morbidezza e gli ingredienti - questo successo aveva ben più di qualche premessa.

50 Kalò infatti nasce sotto l'egida di Maurizio Cortese, esperienza di altissimo livello, ferma conoscenza del territorio, eccellenza gestionale senza pari.

Proprio quello che serviva a Ciro Salvo per fare un ulteriore scatto di crescita, dopo l'opportunità di nascere in una famiglia tutt'ora sinonimo di qualità nella preparazione della pizza, e l'avventura personale di Massé con la quale ha cercato e trovato la sua identità.

La pizza è, dunque, e il resto è accompagnamento che la esalta e si esalta grazie a essa.

Napoli è e rimarrà sempre una città incredibile, nella quale per fortuna un'ottima pizza non è affatto un evento raro.

Tuttavia, la consapevolezza che oggi molti pizzaioli stanno mostrando di aver acquisito è la leva che potrà permettere di moltiplicarne il valore, e quando dico valore intendo anche e soprattutto la capacità di traino economico.

È  di questi giorni la polemica sul costo delle pizze di Princi a Milano, con la consulenza di Franco Pepe e c'è addirittura chi grida al furto.

Il fatto che a Napoli si possa mangiare un'ottima pizza a meno di cinque euro non può essere una sorta di tagliola per un piatto che invece può e deve aspirare a una dignità per ciò che rappresenta in sé, e non solo quando certi ingredienti, come pietre del gioielliere, vanno a incastonarla e impreziosirla.

Nelle mani di Ciro Salvo, nel suo sentire la farina, nel calibrare il rapporto con l'acqua, nel comunicare col forno ascoltandone la temperatura, c'è intanto una tradizione che si cristallizza, un viaggio nel tempo che si condensa nel pizzaiolo stesso.

E nel momento stesso in cui gli dà forma, la cuoce e la serve, non sta solo meccanicamente sfornando pizze, ma sta anche professando una sapienza artigianale, e in ogni pizza che mangiamo c'è lo sforzo pratico, l'abilità acquisita, e la quantità di pensiero profuso intorno a quel disco d'acqua e farina, elementi semplici ma messi insieme in modo attentamente studiato.

Poi vengano pure i migliori ingredienti, che anzi consentono a Ciro Salvo e alla supervisione di Maurizio Cortese di dare altre prove della loro competenza: così arriva l'olio extravergine d'oliva Le Peracciole, il fiordilatte dei Lattari, la mozzarella di bufala campana DOP, la colatura di alici di Cetara, l'aglio della valle dell'Ufita, i capperi di Salina, la 'nduja di Spilinga, e tutte le altre bontà che non solo si possono gustare oggi ma che, con i cambi di stagione, saranno affiancate da altre leccornie ad accompagnare le pizze di 50 Kalò.