mercoledì 11 febbraio 2015

A tutto Champagne tra le tapas del b3


Si possono avere opinioni differenti sulle temperature di servizio di quasi tutti i vini, visto che i gradi in più o in meno influiscono direttamente sulle percezioni olfattive e gustative, producendo risultati che ognuno poi giudica a modo suo.

Se però chiediamo a quale temperatura è meglio bere lo champagne, la risposta è netta e generalizzata: freddo, molto freddo, freddissimo.

6-8° centigradi, questo il parametro fissato da Alfredo Leoni per le bottiglie protagoniste della serata A tutto Champagne, e una volta fuori dal frigorifero trovano la corretta e fredda accoglienza del ghiaccio per tenerle al punto giusto.

Siamo al b3 di Daniele Cumini, nello spazio che ogni venerdì si apre all'Aperitivo Champagne dalle 18 a seguire, e che ieri sera invece ha ospitato questa degustazione per scoprire champagne dalla performance inimmaginabile.

Quattro Champagne, ognuno con la sua spiccata personalità, preziosi senza eccedere nel lusso, incredibilmente preziosi per ciò che regalano al palato, in un rapporto tra qualità e prezzo che fa sgranare gli occhi, perché lo champagne non è solo bottiglie inarrivabili e a molti zeri.

Se a questo aggiungiamo lo stato di grazia, la perizia e soprattutto il divertimento che Daniele Cumini ha saputo infondere alle tapas proposte, ne viene fuori una serata di quelle che sorprendono per come sanno andare oltre le aspettative, e ti fanno dire che prodotti seri, buona mano, esperienza e convivialità sono i veri ingredienti per un evento di successo.



Il Brut Réserve di Billiot mette subito in chiaro il carattere degli champagne in carta.

Quando lo assaggi, con la sua decisa verve figlia di un Pinot Noir che non lascia indifferenti, non lo sai ancora, ma stai fissando un paletto della qualità bello alto, e non è facile per le altre bottiglie eguagliarlo e superarlo.


Quando si dice è uno champagne da ostriche non si fa solo una semplice etichettatura, ma si segue quell'istinto dal quale l'uomo ha fatto nascere grandi piatti, perché capace di sentire a naso come accostare gli elementi.

Quasi si materializzano, le ostriche, non appena si constata quant'è portato il Billiot per i molluschi e il mare.


Giusto per marcare le differenze, arriva dal polo opposto il Philipponnat Brut Royale Réserve, che rischia di dividere i commensali.

Percentuale di Pinot inferiore rispetto all'altro, con una rivincita dello Chardonnay che si fa sentire non poco, regalando sensazioni agrumate che lo rendono sfaccettato.


Focaccia e pancetta, alla pari delle ostriche, è un'altra accoppiata sicura con lo champagne, come quasi tutti i salumi.

Questa pancetta però è cotta a bassa temperatura dallo stesso Daniele, è buona di quel buono che te la farebbe mangiare in dosi scandalosamente superiori dicendo persino un bel chissene... a focaccia, pane, crostino e qualsivoglia appoggio.


Poi è il turno del Brut Premier di Louis Roederer, noto per essere tra i più equilibrati, il che te lo fa immaginare leggermente in sordina rispetto agli altri.

Invece, per quelle svolte imprevedibili che possono capitare quando si stappa a certi livelli, questo Champagne tira fuori una grinta da stenderci, complice una temperatura perfetta ai limiti dell'irripetibile, e forse proprio per il suo equilibrio, a questo punto della serata, è capace di tirare le fila anche con i piatti assaggiati.

La lotta è dura, difficile pronosticare il podio tra questi champagne, anche perché manca ancora il quarto.


Ma restando nel presente, si palesa subito la possibilità di testare il Roederer con qualcosa da mettere sotto i denti.

La frittura di alici e cozze è vivacizzata da croccanti semi di zucca, e si trasforma in un divertente gioco di consistenze che le bollicine contribuiscono a legare con grande eleganza.


Bello, oltre che piacevole, anche il riso nero con la tartare di salmone, un piccolo congegno di gusto giocato sui binomi croccante-morbido e asciutto-grasso in un equilibrio lineare.


Billiot ha aperto e a Billiot si affida la chiusa, con il Brut Rosé che non fa che intensificare le caratteristiche delle uve di base, con la marcia in più di una certa vinosità dovuta al metodo d'assemblage.


Un rosé intenso che va a nozze con i grassi, così Daniele Cumini non ci pensa su due volte a spostare il burro e acciughe dal pane alla più autoctona polenta.

Magico il momento in cui, unendo con la forchetta gli elementi, si trasformano in un boccone unico, senza soluzione di continuità, amalgama che, come molte cose belle della natura, dura un attimo e poi diventa memoria del buono.


Poi succede che allo chef scappi la mano, ma in senso buono, e arrivi all'invenzione che fa fare un salto stellare.

Dopo essersi mosso ora tra materia prima sicura e ora tra tecniche evolute, adesso Daniele fa quadrare il cerchio e fa nascere quell'intesa propria dei grandi piatti.

L'uovo di quaglia è appoggiato a una capasanta che si riposa nel purée, nessuna cottura ultratecnologica e, fatto salvo il mollusco, non stiamo neanche parlando di ingredienti ricercati.

Riuscitissimo, il piatto del guizzo, che lo chef del b3 riesce a centrare tutte le volte che ci sediamo alla sua tavola, e che ti porti dentro come quando sai di aver assistito a un grande momento.


Altri due piatti, in questo excursus dell'inventiva e della perizia di Daniele Cumini, il primo dei quali è un risotto in cui lo zafferano ha un che di fenomenale, sceglie la strada retronasale tutte le volte che testi la giusta cottura al dente dei chicchi, e pensi questo è proprio bravo a dosare col calibro le sensazioni, perché un'aromaticità simile è giocata sul filo del rasoio.


Col salmone cotto a bassa temperatura si ridiscende sul versante della delicatezza, delle tinte tenui, dei sapori sottili, con la materia prima esaltata dalla lavorazione, il massimo del rispetto e il meglio che si possa fare con questa carne.

Ci si potrebbe chiedere se sia stato possibile appoggiare questi ultimi due piatti sul solo rosé, e sarebbe domanda appropriata.

Finiti i quattro champagne previsti, l'imprevisto con Alfredo Leoni non manca mai.


Billecart-Salmon Brut Réserve mette tutti d'accordo su che cosa sia la classe, ma complica ancora di più la possibilità di stilare una classifica credibile tra questi cinque validi concorrenti.


Così arriva in soccorso una splendida crostata con composta di mele, e rinunciare al compito di giudicare e nominare un vincitore diventa più facile, concentrandosi su quanto è buono il dessert, su com'è stata felice la serata e su quanto è stato intrigante correre A tutto Champagne tra le tapas del b3.

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